Ammortizzatori sociali e politiche del lavoro, le prime novità per il 2018

Ammortizzatori sociali e politiche del lavoro, le prime novità per il 2018

Proroga della Cigs. Le imprese con organico superiore a 100 unità e rilevanza economica strategica anche a livello regionale, che presentino rilevanti problematiche occupazionali con esuberi significativi nel contesto territoriale, previo accordo stipulato in sede governativa presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, con la presenza della regione o delle regioni interessate nel caso di imprese con unità produttive coinvolte ubicate in due o più regioni, possono richiedere la proroga dell’intervento di Cigs per riorganizzazione aziendale, per gli anni 2018 e 2019, in deroga ai limiti di durata massima complessiva (art. 4, D.Lgs. n. 148/2015) e di durata per la specifica causale (art. 22, co. 1, D.Lgs. n. 148/2015), entro il limite massimo complessivo di spesa di 100 milioni di euro annui. La proroga può essere concessa sino al limite massimo di 12 mesi, qualora il programma di riorganizzazione aziendale sia caratterizzato da investimenti complessi non attuabili nel limite temporale di durata di 24 mesi (art. 22, co. 1, D.Lgs. n. 148/2015) ovvero qualora il programma citato presenti piani di recupero occupazionale per la ricollocazione delle risorse umane e azioni di riqualificazione non attuabili nel medesimo limite temporale.
Ugualmente, alle medesime condizioni e nel limite delle risorse finanziarie specificate, può essere richiesta la proroga dell’intervento di integrazione salariale straordinaria per crisi aziendale, in deroga ai limiti temporali di durata massima complessiva (art. 4, D.Lgs. n. 148/2015) e di durata per la specifica causale (art. 22, co. 2, D.Lgs. n. 148/2015), sino al limite massimo di 6 mesi, qualora il piano di risanamento presenti interventi correttivi complessi volti a garantire la continuazione dell’attività aziendale e la salvaguardia occupazionale, non attuabili nel limite temporale di durata di 12 mesi (art. 22, co. 2, D.Lgs. n. 148/2015).
In ogni caso, ai fini dell’ammissione all’intervento di integrazione salariale per riorganizzazione o crisi aziendale, l’impresa deve presentare piani di gestione volti alla salvaguardia occupazionale che prevedano specifiche azioni di politiche attive concordati con la regione o con le regioni interessate.
Accordo di ricollocazione. Al fine di limitare il ricorso al licenziamento all’esito dell’intervento straordinario di integrazione salariale, nei casi di riorganizzazione ovvero di crisi aziendale per i quali non sia espressamente previsto il completo recupero occupazionale, la procedura di consultazione sindacale (art. 24, D.Lgs. n. 148/2015) può concludersi con un accordo che preveda un piano di ricollocazione, con l’indicazione degli ambiti aziendali e dei profili professionali a rischio di esubero. I lavoratori rientranti nei predetti ambiti o profili possono richiedere all’ANPAL, entro 30 giorni dalla data di sottoscrizione dello stesso accordo, l’attribuzione anticipata dell’assegno di ricollocazione (art. 23, D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 150), nei limiti e alle condizioni previsti dai programmi di riorganizzazione ovvero di crisi aziendale presentati. In tale ipotesi, l’assegno è spendibile in costanza di trattamento straordinario di integrazione salariale al fine di ottenere un servizio intensivo di assistenza nella ricerca di un altro lavoro. Il servizio ha una durata corrispondente a quella del trattamento straordinario e comunque non inferiore a 6 mesi; esso è prorogabile di ulteriori 12 mesi nel caso non sia stato utilizzato, entro il termine del trattamento straordinario, l’intero ammontare dell’assegno. Ai lavoratori così ammessi all’assegno di ricollocazione non si applica l’obbligo di accettazione di un’offerta di lavoro congrua.
Il lavoratore che, nel periodo in cui usufruisce del servizio, accetta l’offerta di un contratto di lavoro con altro datore, la cui impresa non presenti assetti proprietari sostanzialmente coincidenti con quelli dell’impresa del datore in essere, beneficia dell’esenzione dal reddito imponibile ai fini IRPEF delle somme percepite in dipendenza della cessazione del rapporto di lavoro, entro il limite massimo di nove mensilità della retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto. Nei casi di accettazione dell’offerta di altro datore di lavoro, il lavoratore ha diritto altresì alla corresponsione di un contributo mensile pari al 50% del trattamento straordinario di integrazione salariale che gli sarebbe stato altrimenti corrisposto.
Di contro, al datore di lavoro che assume il lavoratore è riconosciuto, ferma restando l’aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche, l’esonero dal versamento del 50% dei complessivi contributi previdenziali a carico dei datori di lavoro, con esclusione dei premi e contributi dovuti all’INAIL, nel limite massimo di importo pari a 4.030 euro su base annua, annualmente rivalutato sulla base della variazione dell’indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie degli operai e degli impiegati. L’esonero è riconosciuto per una durata non superiore a:
– 18 mesi, in caso di assunzione con contratto a tempo indeterminato;
– 12 mesi, in caso di assunzione con contratto a tempo determinato. Nel caso in cui, nel corso del suo svolgimento, il predetto contratto venga trasformato in contratto a tempo indeterminato, il beneficio contributivo spetta per ulteriori 6 mesi.
Contributo di licenziamento. A decorrere dal 1° gennaio 2018, per ciascun licenziamento effettuato nell’ambito di un licenziamento collettivo da parte di un datore di lavoro tenuto alla contribuzione per il finanziamento dell’integrazione salariale straordinaria, il contributo è innalzato all’82% del massimale mensile NASpI per ogni 12 mesi di anzianità aziendale negli ultimi 3 anni. Sono fatti salvi i licenziamenti effettuati a seguito di procedure di licenziamento collettivo (art. 4, L.  23 luglio 1991, n. 223) avviate entro il 20 ottobre 2017.